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dai GIORNALI di OGGI

Firmato accordo

Fiat-Chrysler

Marchionne: intesa pietra miliare

2009-01-20

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

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Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

                                         

 

 

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CORRIERE della SERA

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2009-01-20

le due aziende sfrutteranno le rispettive reti di distribuzione

Firmato accordo Fiat-Chrysler

Marchionne: intesa pietra miliare

Alla casa automobilistica torinese il 35% di quella americana. John Elkann: potremo anche salire

L'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne (Reuters)

L'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne (Reuters)

MILANO - La Fiat acquista il 35 per cento di Chrysler. È stato firmato il preliminare d'accordo che prevede l'ingresso del gruppo italiano nel capitale della Casa Usa. Fiat, Chrysler e Cerberus capital management (che detiene l'80,1% del capitale di Chrysler) hanno annunciato la conclusione di un accordo preliminare non vincolante per stabilire un'alleanza strategica globale. L'alleanza prevede anche, tra l'altro, che i due gruppi sfruttino le rispettive reti di distribuzione. Fiat riceverà una quota iniziale in Chrysler del 35% in base all'alleanza con la Casa americana, che non contempla per Fiat alcun investimento in contante in Chrysler né un impegno a finanziare Detroit in futuro. Il vicepresidente della Fiat John Elkann ha poi chiarito che Fiat potrebbe però salire in futuro oltre la quota del 35%: l'accordo con Chrysler "è buono, ci sono tante cose in divenire e possiamo salire". Per l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, "l'iniziativa rappresenta una pietra miliare nello scenario in rapido cambiamento del settore e conferma l'impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler nel continuare a giocare un ruolo significativo nel processo globale". Il titolo Fiat è stato temporaneamente sospeso dagli scambi in Piazza Affari. Tornato in negoziazione, ha fatto segnare un balzo del 5,58%. Bene anche i titoli Ifi a +5,89% e Ifil a +5,93%.

CHRYSLER - La Chrysler ovviamente conferma la presenza di un accordo preliminare non vincolante con Fiat che sarà completato, dopo essere stato sottoposto alle previste approvazioni, entro il mese di aprile. L'accordo prevede che il gruppo torinese abbia accesso alle piattaforme di prodotto e alle fabbriche della Chrysler in Nord America e che la Casa Usa assisterà Fiat nello sbarco della 500 e del marchio Alfa Romeo sul mercato americano. Con questo accordo - fanno sapere fonti interne a Chrysler - la Casa americana avrà inoltre accesso alle piattaforme di prodotto Fiat e sarà supportata dalla casa torinese nella distribuzione in importanti mercati esteri dove Fiat è presente. Inoltre, Fiat darà il proprio supporto a Chrysler nell'ambito del Viability Plan con il ministero del Tesoro americano.

STRATEGIA - Secondo le stime del Wall Street Journal i risparmi derivanti dall'alleanza sarebbero compresi in una forchetta fra i 3 e i 4 miliardi di dollari. Chrysler ha in nord America 14 impianti di assemblaggio. L'accordo migliorerà - sempre per il Wall Street Journal - l'immagine della Chrysler agli occhi del Governo americano, che ha acconsentito a un prestito da 4 miliardi di dollari per il costruttore in difficoltà. Sia per Fiat sia per Chrysler l'allenza è "una mossa difensiva per la sopravvivenza di lungo termine", prosegue il quotidiano, sottolineando come "Chrysler e Fiat sono simili e, in qualche modo, complementari. Chrysler opera prevalentemente in Nord America e i tre quarti delle sue vendite sono legati a camion, minivan e sport utility-vehicle. Fiat è specializzata in auto piccole e medie. Ambedue le società beneficerebbero di un maggiore volume di vendite globale".

I CONTI - Nonostante l'ultimo periodo dell'anno molto negativo per il settore, secondo gli analisti finanziari Fiat tiene: l'esercizio dovrebbe chiudersi con un risultato della gestione ordinaria di 3,27 miliardi (3,23 nel 2007) e un utile netto di 1,76 miliardi a fronte di 2,05 dell'anno precedente. Per Fiat Group Automobiles gli analisti stimano un risultato della gestione ordinaria di 680 milioni nel 2008 (803 nel 2007) e di 40 milioni nel quarto trimestre (233). Per il 2009 è previsto un risultato della gestione ordinaria del gruppo di 1,37 miliardi con utile netto a 490 milioni. Dovrebbe crescere l'indebitamento netto industriale, negativo per 4,07 miliardi. Per l'auto la previsione è di un risultato della gestione ordinaria 2009 in rosso per 30 milioni, stimato positivo invece sia per Cnh sia per Iveco rispettivamente a 830 e 350 milioni. Nel 2010, infine, gli analisti prevedono per il gruppo Fiat un risultato della gestione ordinaria pari a 1,98 miliardi con un utile netto di 890 milioni e un indebitamento netto industriale in miglioramento anche se negativo per 3,76 miliardi. "Se si ritornerà alla normalità entro fine 2009, il gruppo Fiat confermerà gli obiettivi 2010", ha detto l'amministratore delegato Sergio Marchionne a un seminario in Svizzera, dove aveva anche parlato del ruolo fondamentale della produzione di auto low cost e della necessità di accelerare nuove alleanze. Nel progetto di lanciare entro il 2010 un nuovo marchio globale low cost potrebbe giocare un ruolo chiave l'India, ha dichiarato a un giornale locale Silverio Bonfiglioli, chief operating officer di Fiat Group Automobiles International.

TREMONTI - L’intesa raggiunta tra Fiat e Chrysler è "una notizia positiva, costruttiva. Vuol dire che qualcuno si aiuta da solo" ha dichiarato il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. "Un accordo importante, segno di vitalità, da italiano mi sembra istintivamente una buona notizia", ha aggiunto Tremonti.

20 gennaio 2009

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-01-20

Il gruppo automobilistico italiano avrà accesso alle piattaforme di prodotto Usa

Il colosso Usa assisterà il partner italiano nello sbarco in Nord America della 500

Fiat-Chrysler, accordo confermato

Elkann: potremo andare oltre il 35%

Si tratta di un preliminare: il contratto definitivo dovrebbe essere stilato entro aprile

Il titolo, sospeso a Piazza Affari, dopo il rientro in rialzo di oltre il 3,5%

Fiat-Chrysler, accordo confermato Elkann: potremo andare oltre il 35%

MILANO - Chrysler e Fiat con un comunicato congiunto hanno confermato l'esistenza di un accordo preliminare non vincolante che sarà completato, dopo essere stato sottoposto alle previste approvazioni, entro il mese di aprile. L'attesa conferma delle indiscrezioni di stampa diffuse ieri fa segnare a Fiat, rientrata in Borsa dopo la sospensione della mattina, decisa in attesa del comunicato, un rialzo del 3,7%.

L'accordo preliminare fra Chrysler e Fiat prevede che il gruppo torinese abbia accesso alle piattaforme di prodotto e alle fabbriche della Chrysler in Nord America e che la casa Usa assisterà Fiat nello sbarco della 500 e del marchio Alfa Romeo sul mercato americano. Fiat, ha confermato Chrysler, acquisterà fino a un 35% del colosso Usa.

L'acquisizione, si legge nel comunicato, non contempla per Torino alcun investimento in contante in Chrysler nè un impegno a finanziare Detroit in futuro. Inoltre, Fiat darà il proprio supporto a Chrysler nell'ambito del Viability Plan con il ministero del Tesoro americano. La Fiat contribuirà all'alleanza con Chrysler anche con attività strategiche e distribuirà veicoli dalla casa Usa in paesi al di fuori del Nord America.

"Penso che questo sia un accordo buono. - ha commentato John Elkann, vice presidente di Fiat - Ci sono ancora tantissime cose in divenire, è coerente con quanto detto alla fine dello scorso anno da Marchionne". Alla domanda se il Lingotto intende in futuro salire oltre alla quota iniziale del 35% di Chrysler, Elkann ha risposto: "Possiamo salire". "E' un primo passo", ha proseguito replicando con un "adesso vediamo" a chi chiedeva se Fiat puntasse a raggiungere il controllo di Chrysler.

"Questa iniziativa rappresenta un passo fondamentale nello scenario del settore automobilistico, che sta vivendo una fase di rapido cambiamento, e conferma l'impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler a ricoprire un ruolo importante in questo processo globale", ha commentato l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne.

(20 gennaio 2009)

 

 

L'UNITA'

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2009-01-20

La Fiat torna in America, firmata l'intesa con Chrysler

Fiat e Chrysler hanno raggiunto un accordo preliminare non vincolante che sarà completato, dopo essere stato sottoposto alle previste approvazioni, entro il mese di aprile.

Il titolo, sospeso in mattina, è tornato in Borsa con un più 3,5%. Il gruppo torinese torna ad allearsi con una casa automobilistica americana dopo la sfortunata esperienza con General Motors. Secondo indiscrezioni Fiat e Chrysler starebbero lavorando a un'alleanza in base alla quale la casa torinese rileverebbe il 35% del costruttore americano, con un'opzione per salire fino al 55% del capitale da esercitare più avanti. Per Sergio Marchionne si tratta di "una pietra miliare nel settore auto". La casa americana non aveva "cash".

L'intesa, secondo indiscrezioni, consentirebbe a Chrysler l'accesso alle piattaforme del Lingotto, dalla mini all'alto del medio di gamma, passando per i suoi motori e le trasmissioni. Non solo. Quest'operazione permetterà a Chrysler, in fortissima difficoltà, di accedere finanziamenti del governo.

Per Fiat, oltre all'ingresso nel capitale del costruttore americano, l'accordo si tradurrebbe nella possibilità di vendere negli Stati Uniti l'Alfa Romeo e la Fiat 500, anche grazie al taglio dei costi che si verrebbe a registrare con la condivisione dei siti produttivi con Chrysler. Secondo le stime del Wall Street Journal i risparmi derivanti dall'alleanza sarebbero compresi in una forchetta fra i 3 e i 4 miliardi di dollari. Chrysler ha in nord America 14 impianti di assemblaggio. Torino non commenta i rumors rilanciati da Automotive News Europe, mentre Chrysler si limita a dire: "Nell'attuale contesto economico trattative sono in corso fra le società in tutte le industrie, e la nostra non è diversa".

Cerberus Capital Management, proprietario di Chrysler, sembrerebbe intenzionato a conservare un interesse nel costruttore americano, mentre ancora non appare chiaro - riporta il Wall Street Journal - se Daimler intenda mantenere o meno la propria partecipazione in Chrysler, pari al 19,9%. Un eventuale accordo migliorerebbe - prosegue il Wall Street Journal - l'immagine della Chrysler agli occhi del Governo americano, che ha acconsentito a un prestito da 4 miliardi di dollari per il costruttore in difficoltà. Sia per Fiat sia per Chrysler l'allenza sarebbe "una mossa difensiva per la sopravvivenza di lungo termine", prosegue il quotidiano, sottolineando come "Chrysler e Fiat sono simili e, in qualche modo, complementari.

Chrysler opera prevalentemente in nord America e i tre quarti delle sue vendite sono legati a camion, minivan e sport utility-vehicle. Fiat è specializzata in auto piccole e medie. Ambedue le società beneficerebbero di un maggiore volume di vendite globale". L'accordo - secondo indiscrezioni - potrebbe essere annunciato al più presto domani. Ma per altri osservatori ci vorranno alcuni giorni: la potenziale intesa potrebbe essere infatti valutata dal consiglio di amministrazione di Fiat giovedì prossimo, in occasione della riunione per l'approvazione dei risultati del quarto trimestre e dell'intero 2008. Nonostante l'ultimo periodo dell'anno molto negativo Fiat - secondo un consensus di analisti finanziari - tiene: l'esercizio dovrebbe chiudersi con un risultato della gestione ordinaria di 3,27 miliardi (3,23 nel 2007) e un utile netto di 1,76 miliardi a fronte di 2,05 dell'anno precedente.

20 gennaio 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2009-01-20

Fiat e Chrysler firmano l'alleanza

di Andrea Malan

A più di vent'anni dai primi contatti tra Gianni Agnelli e Lee Iacocca – e a qualche mese dalle prime indiscrezioni sul rinnovato interesse - Fiat e Chrysler hanno annunciato ieri il fidanzamento ufficiale: le due aziende hanno firmato una "lettera d'intenti non vincolante per la creazione di un'alleanza strategica globale"; il contratto vero e proprio dovrebbe essere siglato ad aprile, dopo che l'azienda Usa avrà ottenuto dal Tesoro Usa l'approvazione del suo piano di risanamento. La Borsa ieri ha continuato però a snobbare gli effetti positivi dell'intesa, spingendo dopo un rialzo iniziale il titolo Fiat ai minimi storici (-1,34% a 4,42 euro).

Le linee principali dell'intesa con Chrysler seguono le indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi. Fiat fornirà all'azienda americana licenze per utilizzare piattaforme per veicoli a basso consumo, motori, trasmissioni e componenti, che Chrysler potrà adattare alle proprie esigenze e produrre nei propri impianti; Chrysler avrà inoltre accesso alla rete di distribuzione Fiat. L'intesa offre alla casa americana "significative opportunità di contenimento dei costi" (secondo il "Wall Street Journal" sarebbero stimabili in 3-4 miliardi di dollari).

Come corrispettivo Fiat riceverà "una quota iniziale del 35%" di Chrysler (esclusa Chrysler Financial) con un'opzione per acquistare un ulteriore 20% dopo dodici mesi pagando – secondo il "Wall Street Journal" – una somma di 25 milioni di dollari e a condizione di aver migliorato la performance del costruttore americano. Dieci anni fa, la Daimler pagò 36 miliardi di dollari per il 100% dell'azienda Usa. Sempre secondo il quotidiano, alla casa italiana potrebbero andare tre dei sette posti nel consiglio d'amministrazione di Chrysler. Fiat dovrebbe ricevere le azioni dall'attuale azionista di maggioranza, Cerberus; Daimler sta cercando di vendere il suo 19,9 per cento. Oltre al compenso in azioni, Torino potrà utilizzare a sua volta gli impianti Chrysler per assemblare propri modelli destinati al mercato americano e la rete Chrysler per distribuirli. Come ha sottolineato il presidente Luca di Montezemolo, "dal punto di vista di Fiat significa poter vendere tecnologie costate grandi investimenti e accedere a mercati con grande potenziale per noi, riportandovi marchi come l'Alfa Romeo e la Fiat 500".

L'accordo è stato definito "buono" da John Elkann, vicepresidente Fiat, mentre per l'amministratore delegato Sergio Marchionne è "un passo fondamentale nello scenario del settore, che sta vivendo una fase di rapido cambiamento, e conferma l'impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler a ricoprire un ruolo importante in questo processo globale". I tempi, a volte, cambiano in maniera paradossale: vent'anni fa Agnelli e Iacocca, nell'annunciare lo stop alle trattative, avevano citato tra i motivi della decisione proprio le "incertezze dell'economia globale e il rallentamento delle vendite in Usa ed Europa". Ora l'accordo Fiat-Chrysler è finalmente arrivato, dopo una lunga fase di studio e dopo che si era ritirato negli ultimi mesi un concorrente come Nissan. L'azienda nipponica ha stimato meno importanti due tra le cose che Chrysler può offrire: il marchio Jeep (Nissan è già presente nei fuoristrada) e le fabbriche Usa (che i giapponesi hanno già).

L'azienda guidata da Bob Nardelli è la più piccola delle big three di Detroit ed è scivolata al quinto posto del mercato Usa, preceduta anche da Toyota e Honda. È in grave crisi finanziaria e l'anno scorso è quella che ha pagato di più la recessione Usa, con un calo delle vendite del 30% su base annua; senza i 4 miliardi di dollari ricevuti da Washington all'inizio di gennaio avrebbe già dovuto portare i libri in tribunale e molti osservatori dubitano delle sua possibilità di sopravvivenza.

Per Torino l'accordo è per ora a costo zero: Fiat non sosterrà "alcun esborso di cassa verso Chrysler" né ha assunto impegni a finanziare l'azienda americana in futuro. Dovrà però iniziare a spendere se vorrà concretizzare la parte relativa al ritorno negli Usa delle proprie vetture; se è valida la data di rientro negli Usa nel 2011, gli investimenti dovranno iniziare al massimo entro 12 mesi.

Per ora, l'onere di rimettere Chrysler in carreggiata ricadrà sul Governo americano. L'intesa con Fiat è una parte importante del piano di risanamento che dovrà essere presentato al Tesoro entro il prossimo 17 febbraio, ed è "coerente con i termini e le condizioni del finanziamento" già ricevuto. Con il memorandum d'intesa in tasca, i vertici della Chrysler possono ora dimostrare a Washington di disporre di un partner, di piattaforme e motori più economici e adatti all'attuale congiuntura di mercato. Al decollo del piano mancano due elementi: l'intesa con le altre parti in causa – finanziatori, dipendenti, sindacato, concessionari e fornitori – e la seconda tranche di 3 miliardi di fondi statali (anche se non è detto che non siano necessari altri contributi).

Fiat e Chrysler firmano l'alleanza

di Andrea Malan

Mercoledí 21 Gennaio 2009

Come si spiega la reazione della Borsa ? Per le sinergie e i vantaggi ci vuole tempo – almeno due o tre anni –, mentre il mercato guarda ai problemi finanziari di breve periodo e alle previsioni negative sull'andamento dei mercati nel 2009. Su questi ultimi, i vertici della Fiat dovrebbero dare qualche lume domani, in occasione della presentazione dei conti dell'ultimo trimestre 2008.

LA STORIA

Un marchio fondato nel 1925

Le origini

La Chrysler fu fondata il 6 giugno 1925 da Walter Percy Chrysler. Già dal 1928, la Casa americana effettuò alcune manovre molto significative, come la fondazione dei sottomarchi Plymouth e De Soto e l'acquisizione della Dodge. Nel 1930 venne anche inaugurata la sua sede di New York situata in un palazzo costruito appositamente, il Chrysler Building. Una delle vetture più note dei primi anni Trenta fu la Chrysler Airflow del 1934, una vettura dal design d'avanguardia per l'epoca e una delle più significative della storia dal punto di vista concettuale.

Il successo commerciale

Dopo il secondo conflitto mondiale, Chrysler realizzò alcuni dei più famosi modelli, tra cui la Chrysler 300 (nella foto) degli anni Cinquanta e anni Sessanta. Nel 1966 acquistò la Rootes e la Simca, entrambe giá proprietarie di marchi come Talbot e Hillman.

La crisi e il rilancio

Negli anni 70 Chrysler entra in crisi, ma riesce a risollevarsi grazie a Lee Iacocca (nella foto): con l'introduzione di nuove strategie di mercato e di nuovi modelli di nicchia (come le prime monovolume) la Chrysler torna a riscuotere grandi consensi.

Gli ultimi anni

Nel 1998, la Chrysler fu acquisita dalla Daimler-Benz per costituire la DaimlerChrysler AG. Nel 2007 il gruppo Chrysler (nella foto l'attuale Ceo Bob Nardelli) è passato sotto il controllo del gruppo finanziario Cerberus Capital Management.

 

 

 

 

 

 

Fiat e gli Usa: 100 anni di storia senza Ritmo

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Quella tra la Fiat e gli Stati Uniti è una storia che dura da più di un secolo, visto che le sue radici affondano agli inizi del Novecento. Il gruppo del Lingotto puntò, infatti, sul Nuovo Continente fin dai suoi albori: nel 1903 circa, quando le prime vetture Fiat iniziano a essere esportate in terra americana. Non erano passati neanche dieci anni dal 1899, anno che aveva decretato la nascita della casa torinese.

Da allora fino a oggi, la storia "americana" della Fiat è stata costellata da momenti di espansione e battute di arresto, da alleanze ma anche da qualche dietrofront. Come quello memorabile del 1995, quando Alfa Romeo -acquistata da Fiat nel 1986 - uscì dal mercato degli Stati Uniti.

Gli ostacoli insomma, in questo mercato a stelle e strisce che può rivelarsi impietoso per chi vuole rimanere, non sono mancati.

E non sono mancate neanche le sferzate contro la strategia del gruppo italiano, come ricorda lo stesso acronimo della Fiat, ribattezzato dagli Usa "Fix it Again, Tony". Non proprio, come si potrebbe dire, un complimento. Da sottolineare che il mercato usa non ha mai gradito vetture piccole, al limite l'automobilista Usa ha puntato sul lusso tedesco (Audi. Bmw e Mercedes) ma non è attratto – difficilmente lo sarà - verso piccoli, per la media Usa, veicoli, oltretutto di modesta cubatura, scarsa coppia e privi per lo più con cambio manuale. E negli Usa il cambio automatico è un must. Il pedale della frizione non lo ama nessuno o quasi

Ma oggi sono proprio quegli anni ad apparire i più lontani di tutti, visto che sembrano esserci tutte le premesse per un ritorno in grande stile del gruppo del Lingotto nel mercato americano. E' cosa certa l'interesse che il gruppo torinese ha per il mercato Usa. Un interesse a volte manifestato appieno, a volte rientrato, ma sempre rinnovato nel corso degli anni. Come dimostrano i semplici fatti cronologici.

Nel lontano 1908 la casa torinese, sempre agli albori della sua storia, lanciò infatti la propria attività negli Stati Uniti, con Fiat Automobile Co. Successivamente, nel 1909, nacque sempre in America il suo primo stabilimento. La sede scelta fu quella di Poughkeepsie, nello stato di New York. In quegli stessi anni venne lanciata la produzione del "taxi" Fiat 1 Fiacre, che venne poi esportato a New York, come anche a Londra e Parigi.

A quei tempi, avere una macchina Fiat negli Usa non era per tutti, ed era un simbolo di prestigio per chi la possedeva.

Costava tra i 3.600 e gli 8.600 dollari di allora, l'equivalente di un ammontare compreso tra i 73.000 e i 176.000 dollari circa di oggi, decisamente più della rivale Ford, che aveva lanciato nel 1908 il suo primo Model Ts, dal costo di 825 dollari (gli attuali 17.000 dollari).

Tra le Fiat di successo negli Usa spicca la X 1/9, La Casa tento anche con al Ritmo, ribattezzata strada per il nome improponibile sul mercato usa, ma il successo non arrise alla piccola due volumi italiana.

Alfa Romeo che all'epoca non era del gruppo Fiat mise a segno un successo notevole con la "Duetto. Sì, quella rosso fiammante aveva fatto sognare l'America ai tempi del famoso film "Il laureato" con Dustin Hoffman. Del Resto agli americani l'alfa era sempre piaciuta molto.

Non a caso si narra che Henry Ford si togliesse il cappello al passaggio di una macchina con il Biscione di Milano

Ford a più riprese tentò di comprare Alfa Romeo, che però fini nelle mani del Lingotto nel 1986, ceduta dall'Iri, il cui presidente era Romano Prodi. Alla fine degli anni '80, Fiat diede vita a un'importante alleanza con Chrysler, creando la joint venture "Alfa Romeo Distributors of North America". Ma l'accordo non andò a buon fine e nel 1995 Alfa Romeo uscì dal mercato Usa.

L'ultimo capitolo americano di Fiat - precedente all'apertura del nuovo, annunciato oggi - risale agli inizi del nuovo secolo, esattamente al 2000, con l'accordo di joint venture siglato tra il Lingotto e il colosso di Detroit General Motors. Con l'accordo, Gm acquistò una partecipazione nella divisione auto della casa torinese.

L'alleanza fu comprensiva però anche di un'opzione put, che diede a Fiat il diritto di vedere la divisione automobilistica a Gm dopo quattro anni, pena il pagamento da parte di quest'ultima di due miliardi di dollari. Il gigante americano scelse alla fine quest'ultima opzione, e il 13 maggio del 2005 fu ufficialmente rottura tra le due aziende. (M.Cia.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una prima mossa anti-crisi

di Andrea Malan

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20 gennaio 2009

Quando Sergio Marchionne due mesi fa ha lanciato il sasso nello stagno, parlando di consolidamento del settore auto a tappe forzate, non tutti erano convinti. Una cosa è certa: l'amministratore del Lingotto ha iniziato a lavorare "alla velocità della luce" – per usare una sua espressione – per dare a Fiat un posto di prima fila. Anche se, dati i tempi e le condizioni, non sarà facile.

L'intesa con Chrysler, che potrebbe essere annunciata già in queste ore, è un primo passo. L'operazione rappresenta una via di mezzo tra la strategia prima maniera del manager italo-canedese ("Niente accordi globali, solo intese mirate") e quella che il "Marchionne 2.0" ha adottato dopo l'arrivo della crisi. Nessun esborso di cassa, rischio limitato, grandi potenzialità nel caso (pur improbabile) in cui Chrysler sopravviva. L'intesa americana, però, non risolve nessuno dei problemi di breve periodo del Lingotto: le vendite che calano più rapidamente dei costi, il crescente fabbisogno di cassa, la crisi del sistema finanziari; problemi in gran parte comuni agli altri costruttori. Per risolverli servono mezzi freschi ed eventualmente intese in grado di fornire sinergie immediate.

Per quanto riguarda i primi, Torino ha avviato contatti con le banche (anche se la Borsa teme un aumento di capitale, ed è per questo che spinge il titolo ai minimi). Per quanto riguarda le intese, i vertici del Lingotto – da Marchionne al presidente Luca di Montezemolo al vice John Elkann, rappresentante della famiglia Agnelli, stanno lavorando su più di un fronte. Un'intesa con Peugeot sarebbe facilitata dai contatti familiari e dal lavoro comune di decenni. Con un problema: le sinergie che renderebbero un accordo redditizio dal punto di vista finanziario sarebbero dolorose sul piano sociale, e di conseguenza politico.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha convocato per oggi gli "Stati generali" del settore auto, ha già messo in chiaro la sua opinione: aiuti sì, ma purché Renault e Peugeot non chiudano gli stabilimenti in Francia. E non è certo ipotizzabile che l'intesa veda tagli solo da una parte sola. Un accordo passerebbe quindi necessariamente da Parigi e da Roma. Come avvenne vent'anni fa per la fusione (paritaria) tra Sgs e Thomson.

 

 

 

 

Montezemolo: l'accordo Fiat-Chrysler dimostra che non siamo fermi

di Emilio Bonicelli

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20 gennaio 2009

Il "potenziale accordo" tra Fiat e Chrysler "utile e importante". L'iniziativa dimostra "che non stiamo fermi". Lo afferma il presidente della Fiat, Luca di Montezemolo, nel corso dell'inaugurazione del nuovo impianto fotovoltaico nello stabilimento Ferrari di Maranello.

Fiat, che "leader al mondo nella produzione di vetture a basse emissioni e basso impatto energetico", avrà la possibilità, con questa intesa, di vendere alla Casa americana tecnologie "che hanno richiesto grandi investimenti e che rappresentano un patrimonio" per l'azienda di Torino. Come contropartita Fiat, grazie alla rete di vendita Chrysler, potrà "accedere a un mercato di alto potenziale, quando la crisi finirà". In particolare il mercato Usa dovrebbe assicurare interessanti prospettive per il marchio Alfa Romeo e per auto a bassa emissione come la Fiat 500.

Montezemolo affronta anche il tema degli incentivi al settore auto e annuncia che questo sarà uno degli argomenti di cui discuterà il consiglio di amministrazione Fiat in programma giovedì, "nell'ambito di un'analisi complessiva su quello che sta succedendo attorno al nostro gruppo". La principale preoccupazione è che non si creino situazioni di concorrenza sleale, con competitori avvantaggiati da maggiori aiuti, visto che diversi Paesi si sono già mossi a sostegno del settore auto.

Da qui una duplice esigenza: da una parte che si avvii un "coordinamento a livello europeo" per una "non più eludibile" politica comune di sostegno, dall'altra che si chiarisca che cosa "è opportuno fare in Italia, in relazione a quanto gi avviene negli altri Paesi".

 

 

 

 

 

 

 

 

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